
La bioeconomia rappresenta a oggi in Italia una grande opportunità di sviluppo per un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile.
Che cos’è la bioeconomia?
La bioeconomia viene definita come un’economia basata sull’utilizzazione sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali o intermedi.
Questo modello di sviluppo è figlio della teoria proposta dall’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1904-1994). Infatti, lo studioso riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali, è causa della diminuzione della disponibilità di energia nel futuro e dell’impossibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Questa teoria è poi stata tradotta nel concetto di decrescita: una corrente di pensiero politico, economico e sociale favorevole alla riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione economica e dei consumi, con l’obiettivo di stabilire relazioni di equilibrio ecologico fra l’uomo e la natura.
A tal proposito, la Commissione Europea ha pubblicato la sua “strategia per la bioeconomia” che elenca le sfide del prossimo futuro, a cui si dovrà far fronte in base agli ambiti di interesse:
- Garantire la sicurezza alimentare;
- Gestire le risorse naturali in modo sostenibile;
- Ridurre la dipendenza dalle risorse non rinnovabili;
- Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
- Creazione di posti di lavoro e il mantenimento della competitività
Un cambio di paradigma nel vedere l’economia e la società per creare un futuro sostenibile, senza rinunciare alle opportunità e benefit della nostra vita quotidiana.
L’Italia ha già imboccato questa strada da tempo
Questo è quanto sembrano suggerire i dati raccolti dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, Assobiotec-Federchimica e Cluster Spring nell’annuale rapporto La bioeconomia in Europa 2021.
Infatti, solo nel 2020 la bioeconomia circolare nella Penisola ha registrato un output pari a 317 miliardi di euro, occupando poco meno di due milioni di persone.
Di particolare interesse sono anche le analisi del rapporto sul tema della distribuzione e della rilevanza delle realtà a carattere bioeconomico nelle diverse regioni italiane.
L’aggiornamento dei dati (2018) delinea un’Italia disomogenea in termini di occupazione e rilevanza del mercato. Nei primi posti per peso sul valore aggiunto regionale troviamo le regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno. Invece, quelle del Nord-Ovest e del Centro rimangono al di sotto della media nazionale.
Ai primi posti, infatti, 4 regioni meridionali: Calabria (15,8%), Basilicata (15,1%), Puglia (13,2%) e Molise (11,6%). Però, per leggere correttamente questi dati, è necessario fare una precisazione che riguarda la composizione settoriale del comparto della bioeconomia nelle differenti aree geografiche.
Infatti, la filiera agro-alimentare, che ricopre un ruolo di primo piano nella bioeconomia circolare da nord a sud del paese, nel Mezzogiorno copre la quasi totalità del settore della bioeconomia (fino a circa l’80%)
Quali sono le prospettive per il prossimo futuro?
La crisi pandemica ha investito il nostro sistema economico rappresentando un banco di prova notevole per il settore.
Infatti, se da un lato ha interrotto una tendenza altrimenti in crescita, dall’altro ha evidenziato però la sua natura fortemente connessa al territorio.
Anche la sua capacità di creare tessuti produttivi multidisciplinari in grado di rispondere in maniera più pronta alle sfide che arrivano dall’esterno è un fattore importante.
Le opportunità per investire in questo senso ci sono e rimane soltanto da sfruttare al meglio quello che questa occasione irripetibile ha da offrirci.
Fonti:
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