inquinamento big tech

Che cosa sono i Data Center?

I Data Center sono delle strutture appositamente create per governare i processi, le comunicazioni e i servizi a supporto di qualsiasi attività aziendale, ma non solo.

Queste “sale macchine”, sono costituite da router, switch, firewall, sistemi di archiviazione, server e controller di distribuzione delle applicazioni. Questa strumentazione elettronica serve a fornire tutta la consulenza tecnico-scientifica alle diverse strutture in materia di digitalizzazione dei processi, elaborazione elettronica dei dati, definizione delle reti di calcolo, progettazione e/o implementazione dei sistemi informativi.

Inoltre, includono anche tutte le applicazioni di supporto oltre all’integrazione e all’interfacciamento con i sistemi esterni all’organizzazione.

 

Come inquinano l’ambiente?

Quasi il 20% dell’energia utilizzata da un data center è impiegata per il suo raffreddamento. Basti pensare che in un anno un solo server produce da 1 a 5 tonnellate di CO2 equivalente, ovvero ogni gigabyte scambiato su internet emette da 28 a 63 g di CO2.

 

Le big tech, come Amazon, Apple, Google, Samsumg, Ibm e Microsoft non rendono pubbliche queste informazioni. Infatti, le normative di riferimento – la ISO14064-1 e la ISO14067 – che certificano in maniera obbiettiva l’impronta di carbonio di un’azienda o di un prodotto, non sono obbligatorie e non vengono usate da queste grandi compagnie.

Amazon nel 2020 ha emesso 54.659.000 di tonnellate di CO2 (trasporto pacchi incluso), seguono Samsung con 29 milioni, e Apple con 22 milioni. Tra le multinazionali 100% web troviamo al primo posto Google con 12,5 milioni di tonnellate di CO2, seguita da Microsoft con 11,5 milioni e Facebook con 4 milioni.

 

La promessa di tagliare le emissioni di gas serra è sempre presente nelle politiche aziendali di queste multinazionali, ma in concreto che cosa stanno facendo?

Acquistano certificati negoziabili equivalenti ad una tonnellata di CO2 non emessa, grazie a progetti di tutela ambientale: in parole semplici, investono in parchi fotovoltaici ed eolici, e piantano alberi.

 

Una politica apparentemente green che in realtà non permette di raggiungere il pareggio tra emissioni e compensazione di carbonio.

 

Come ridurre i consumi?

Sembra assurdo, ma ancora una volta un aiuto al nostro pianeta lo possiamo dare noi nel piccolo della nostra quotidianità. Quante volte visitiamo un sito e poi non chiudiamo la finestra di navigazione?

Senza chiudere la finestra di navigazione i siti web continuano a scambiare dati dal server al dispositivo: sarebbe buona pratica degli utenti online chiudere le finestre una volta terminata la navigazione.

Le aziende, invece, possono progettare siti web in modo che vadano in modalità stamina dopo pochi minuti se non c’è navigazione. Calcolando i tempi di sessione media, in un anno il risparmio si aggira intorno ai 476.000 Watt, pari a circa 206,2 kg di CO2. Basti pensare che se questa politica fosse adottata dai primi 100 siti italiani per traffico, sarebbero circa 15.625 tonnellate di CO2 in meno, come far sparire 5.000 auto.

 

Un’altra spinta verso questa direzione può arrivare dalle aziende e dagli enti pubblici. Infatti, oltre ad informarsi su quanto veramente inquinano i fornitori di questi servizi e quali sono le fonti energetiche dalle quali si approvvigionano, possono investire nella creazione di un proprio Data center acquistando sul mercato energia rinnovabile per alimentarlo.

 

Fonti:

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